GLI ANNI AL CONTRARIO, Lo sguardo (squarcio) della vita

Nadia Terranova a "Incontri al femminile", De.Sidera, Fermignano.
Nadia Terranova a “Incontri al femminile”, De.Sidera, Fermignano.

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Un libro non è (di) chi l’ha scritto.

Un romanzo non è (solo) la storia che racconta.

Poi ci sono opere (più di altre) che tradiscono il proprio autore – nella sua piena adesione intima – e non necessariamente perché sono autobiografiche. Gli anni al contrario di Nadia Terranova (Einaudi Stile Libero Big, 2015 – SUPER ET, 2016) è una di queste.

“Dietro la mia cortesia una selvaggia inospitalità” ammette di sé Terranova mutuando Bufalino; parallelamente, del suo romanzo possiamo dire che sotto il velo di una narrazione pacata, di un raccontare piano e ordinato, si apre lo squarcio (lo “sguardo che inquieta”, lo sberleffo) della vita, con l’indicibile che si porta appresso. Gli anni al contrario è la storia d’amore di due giovani nella Messina degli anni Settanta. Aurora e Giovanni si incontrano nel 1977. Lei è figlia del “fascistissimo”, direttore del carcere cittadino, lui era stato un bambino difficile (da comprendere) e è diventato un ragazzo che si sottrae “più alle aspettative che alle regole”. Quando si conoscono sono iscritti a filosofia, sono attratti dalla politica e dalle opportunità offerte dallo studio (sebbene inteso e approcciato diversamente – per Aurora significa affrancamento e libertà, forse a tempo, da un destino di maestra già segnato, per Giovanni è l’occasione di elevarsi dal comunismo paterno “che odorava di sconfitta e fallimento”). Entrambi, questa fine decennio, la attraverseranno appieno, in ciò che ne diventerà paradigma: scontro generazionale, impegno, voglia di cambiare e salvare il mondo, la droga. Vivranno tutto immersi in quella sensazione continua e diffusa di inadeguatezza che non si scrolla mai di dosso chi cresce in provincia.

Aurora e Giovanni si innamoreranno, si sposeranno, avranno una figlia, si perderanno. Ma i loro dieci anni insieme, più che dagli eventi, resteranno segnati dal desiderio (parola che torna molto) e dalla definizione di sé (nella ferma volontà di “dimenticare ciascuno il proprio marchio di origine, il proprio cognome”), scontrandosi con la scoperta di chi si è e cosa si vuole (si sognava o temeva), in una consapevolezza che balugina dopo che tanto è accaduto e quando è ormai tristemente chiaro che le loro vite sono andate al contrario.

Aurora non riusciva a dire a Giovanni quanto le mancava, Giovanni non riusciva a spiegarle la propria inquietudine. Avrebbe dovuto ammettere che si erano sposati senza sapere nulla di ciò che volevano, che la nascita della figlia l’aveva fatto sentire inchiodato, avrebbe dovuto raccontare le notti passate sognando di fuggire da entrambe e diventare un eroe, un vincente, e allora lei avrebbe chiesto come mai, se erano quelli i suoi sogni, aveva voluto sposarla, perché aveva desiderato Mara, e lui non avrebbe saputo risponderle, perché per quanto assurde e contraddittorie tutte queste cose erano vere, e tutte insieme.

Nadia Terranova ha dovuto cercare per anni le parole per raccontare una storia che tutti volevano dimenticare. Ma non lei. Assieme a Aurora e Giovanni, nei loro anni al contrario, c’è Mara (la bimba concepita dopo pochi mesi, venuta al mondo con uno sguardo che è coscienza); c’è la sua “infanzia senza tempo” condivisa con (tanti) cari sconosciuti.

 

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Gli anni al contrario, Nadia Terranova,
Einaudi Stile Libero Big – 2015;
SUPER ET – 2016